Fenomeno Urban Center

Il Fenomeno Urban Center in Italia – conferme e novità

Bruno Monardo è Ricercatore confermato e Professore aggregato in Urbanistica. Ha conseguito la Laurea in Architettura (1979) e il Dottorato di Ricerca in Pianificazione Territoriale e Urbana (1999), presso la ‘Sapienza’ Università di Roma. Gli assi di ricerca principali sono: il rapporto tra pianificazione della mobilità e disegno d’uso del suolo nella pianificazione urbana e metropolitana, servizi di trasporto e welfare urbano, le forme di democrazia partecipativa e deliberativa nelle politiche urbane alla luce del fenomeno ‘Urban Center’.

Un vettore per la trasparenza del quadro decisionale

uc bannerLa questione dell’esercizio dei moderni principi di democrazia partecipativa e deliberativa nei processi di coagulazione del consenso e maturazione del quadro decisionale occupa da tempo un ruolo centrale nel dibattito sulla costruzione delle politiche di governo della città e del territorio.

Dopo la presa d’atto della crisi di legittimazione e dell’autoreferenzialità di un modello di governo che riconosceva esclusivamente alla mano pubblica e all’interlocuzione con i “poteri forti” un ruolo sostantivo nei processi decisionali, avvertendo la mancanza di strumenti efficaci e condivisi per la gestione delle conflittualità decisionali, si è sviluppato anche in Italia, come già prima negli USA e nei Paesi europei più avanzati, un acceso dibattito sull’opportunità di riconoscere e legittimare il contributo di forze sociali emergenti e gruppi d’interesse diffuso, che chiedono di poter interagire e negoziare “a monte” con le istituzioni di governo locale, sin dalle fasi di elaborazione del “progetto città”.

Da qui l'”Urban Center“, una realtà nata e maturata negli Stati Uniti nel secolo scorso che individua tipologie eterogenee di strutture la cui missione comune è incardinata sulle attività di coinvolgimento critico della comunità civica nelle politiche di trasformazione della città e del suo territorio.

In pochi decenni l‘Urban Center (o “Casa della città”), realtà urbana ormai diffusa in gran parte dei Paesi ad economia avanzata, si è rivelata il vettore più efficace per facilitare la partecipazione attiva dei soggetti portatori di interesse, privilegiati e recessivi, nella ricerca di scenari di consenso e soluzioni condivise.

uc brescia2Originariamente concepiti per offrire alla collettività un luogo centralizzato, istituzionalmente preposto all’informazione, comunicazione, discussione dei progetti di trasformazione urbana, gli Urban Center si vanno configurando e consolidando, secondo le interpretazioni culturali più virtuose, come una tendenziale arena di discussione e dibattito per decisori politici, professionisti, tecnici, operatori economici, forze sociali, associazioni di categoria, comitati di cittadini, singoli soggetti che intendono contribuire attivamente a delineare i futuri “destini” della città.

Le principali tappe evolutive del fenomeno Urban Center in Italia pongono in rilievo la questione della “messa in rete” del capitale sociale dei nostri territori, approccio indispensabile per valorizzare la ricchezza delle sfaccettature delle comunità civiche che animano la linfa vitale della città.

Dietro i “casi di successo” delle politiche urbane contemporanee si cela infatti la capacità di un “regista illuminato” di gestire virtuosamente la dialettica tra i diversi portatori di interesse (privilegiato e diffuso) protagonisti della scena urbana, attraverso un paziente, instancabile, coinvolgente lavoro di ricerca del consenso su principi, strategie, linee guida, piani, programmi, progetti, pratiche dell’agire.

Nei diversi contesti culturali l’identità del regista può variare, ma la trasparenza della formazione del quadro decisionale resta l’obiettivo comune e gli Urban Center anche in Italia, dopo una inevitabile fase di aggiustamento del tiro, sono entrati negli ultimi anni in una stagione di maturazione, avvicinandosi – nei milieu più fertili – a quell’immagine simbolica di “casa di vetro” che dovrebbe comportare un’autentica costruzione condivisa delle politiche di trasformazione della città.

La “cifra” dell’effettività di un Urban Center risiede, infatti, nel saper contribuire alla crescita della presa di coscienza delle potenzialità di protagonismo sociale degli attori, facilitando il passaggio dall’apprendimento alla valutazione, insegnando ad ascoltare, educando alla partecipazione, mettendo a sistema le molteplici iniziative che appartengono al portato culturale dei luoghi ma che, allo stesso tempo, domandano la costruzione di un telaio di coerenza e relazioni di senso complessivo.

Dal «megafono» all’«arena»

In generale, la giovane storia degli Urban Center in Italia è contrassegnata da un cammino aritmico, con “picchi” di febbrile operatività e fervore creativo alternati a “valli” di stasi e incertezza legate alle contingenze politiche e socioeconomiche di città e territori.
Sintetizzando, le linee evolutive recenti del “fenomeno Urban Center” nel nostro Paese si muovono ancora tra i due estremi di un pendolo.

Da un lato, l’approccio che privilegia il “fisiologico primato” delle istituzioni di governo locale (soggetto ispiratore e finanziatore in tutto o in gran parte) con strutture eminentemente orientate a funzioni di tipo informativo-comunicativo e di auto-promozione dell’azione pubblica, nella quale le forme di coinvolgimento dei soggetti d’interesse diffuso risultano di tipo sostanzialmente recettivo ma non interattivo.

uc milano2Dall’altro, la ricerca di una diversa identità che individua nell’Urban Center un luogo stabile e simbolico di aggregazione e partecipazione alla costruzione di una “vision urbana condivisa”. Uno strumento per dare senso alle retoriche della governance e della democrazia deliberativa, spesso smascherate da esiti concreti che sarebbe eufemistico definire deludenti.

Negli ultimi anni stanno emergendo nuove chiavi interpretative del fenomeno Urban Center, accanto alla consolidata filiera del soggetto ispiratore, in Italia tradizionalmente incardinato sul protagonismo dell’amministrazione comunale che alimenta strutture volte principalmente ad amplificare l’immagine e i contenuti sostantivi dell’azione di governo della città.

Nel panorama delle strutture nazionali si delinea una “nuova generazione” di Centri che tendono a evolvere dal profilo del “megafono“, mero amplificatore di scelte, piani, programmi e progetti già delineati dalla pubblica amministrazione nel confronto con i tradizionali soggetti privilegiati, a quello di “antenna“, strumento pronto a interagire con le istanze avanzate dal caleidoscopio di attori d’interesse diffuso sul territorio, fino a quello di “arena“, luogo per esaltare il confronto dialettico egualitario tra le parti in commedia e punto di partenza di un processo partecipativo che includa in forma strutturata la discussione pubblica come ingrediente degli scenari condivisi di trasformazione della comunità urbana.

Innovazione nella continuità: Torino e Bologna

Tra i Centri più avanzati delle grandi realtà urbane si è ulteriormente rafforzata l’autorevolezza di strutture quali Urban Center Metropolitano Torino e Urban Center Bologna che con stili diversi hanno saputo interpretare e innovare in modo originale lo schema di tradizione di mission e attività di una ordinaria “Casa della Città” legata alla cultura dei Paesi ad atto amministrativo come l’Italia.

uc torinoUCM Torino, nato nel 2005 da precedenti esperienze, si è dato da giugno 2010 una nuova configurazione statutaria – Associazione Urban Center Metropolitano – aprendo nuovi orizzonti per la struttura ideata e diretta da Carlo Olmo, il quale con straordinaria lucidità ne ha chiarito ruolo e obiettivi nel “Documento di missione”.

A beneficio della sempre più ampia platea di attori coinvolti nei processi di democrazia partecipativa e deliberativa per il governo della città e del territorio, emergono lo spirito e l’identità originale della struttura torinese, che ha raccolto l’impegnativa ma stimolante sfida di costruire un nuovo modello interpretativo basato sulla terzietà e l’equidistanza tra gli interessi in gioco, coniugando la crescita della cultura della città, la sensibilizzazione dialettica verso la qualità del progetto, le forme e i processi di partecipazione proattiva.
L’esperienza dell’Urban Center torinese assume rilievo assoluto non solo per la qualità intrinseca di conduzione della struttura, ma anche per le condizioni al contorno. Da un lato, la trasformazione urbana, forse senza precedenti, vissuta dal capoluogo subalpino negli ultimi vent’anni e in progress per un arco di tempo presumibilmente non meno ampio, dall’altro, la volontà politica e la scelta culturale perseguite dai soci ispiratori e finanziatori di UCM: la Città di Torino (in particolare l’assessorato all’Urbanistica), la Compagnia di San Paolo, fondazione ex bancaria e primo azionista di Intesa Sanpaolo, l’Associazione Torino Internazionale, promotrice e responsabile del Piano strategico d’area metropolitana.

L’architettura dei soggetti che supportano e gestiscono l’Associazione UCM Torino, in virtuoso equilibrio tra pubblico e privato, è una condizione decisiva per garantire autonomia intellettuale e operativa per un vasto paniere di attività orientate a facilitare il coinvolgimento e la partecipazione dei più diversi stakeholders sulla scena civica perseguendo la costituzione e matura attivazione di una “arena neutrale”. Un’arena che riveli un confronto dialettico anche aspro ma trasparente e leale.

La struttura torinese, inoltre, è fisiologicamente protesa verso la dimensione di area metropolitana, mutuata direttamente dal vettore dei due Piani strategici per la città e apparsa sin dall’inizio la “vision” più lungimirante. I confini comunali nelle grandi agglomerazioni insediative della contemporaneità perdono progressivamente significato: l’Urban Center di Torino tenta allora di lavorare con la stessa attenzione in centro città o in un piccolo comune della prima cintura, anche se ovviamente con approcci e modalità molto diverse. Seguendo logiche d’area metropolitana, che non possono certo prescindere dai pesi gerarchici, UCM vuole tendere verso esperienze di coesione intercomunale sia nelle proprie iniziative culturali e di comunicazione, sia nel lavoro sostantivo di “accompagnamento dei progetti”. Questo nell’ottica di incrementare, nei confronti dei soggetti formalmente preposti al governo del territorio, la massa critica di quelle realtà urbane che riflettono volontaristicamente sulla propria trasformazione e sulle proprie linee di sviluppo.

uc bolognaUrban Center Bologna, attivo dal 2003, si è contraddistinto fin dalla stagione fondativa per una scelta di campo netta e incontrovertibile, ove il modello culturale di riferimento si basa sul vettore informativo e comunicativo sofisticato con la regia dell’amministrazione comunale pur in presenza di un comitato di gestione partenariale pubblico-privato; i numerosi attori sostenitori e cofinanziatori rappresentano un parterre d’eccellenza della scena civica, produttiva e finanziaria della comunità urbana.
Con il trasferimento nella nuova prestigiosa sede della Salaborsa (2008) il carattere di “centro urbano” in senso fisico e simbolico – spazio quasi “istituzionale” d’informazione e dialogo al servizio della civitas – si è ulteriormente rafforzato, contribuendo a connotarsi come “laboratorio di idee” che promuove momenti di democrazia partecipativa e progettazione condivisa per il futuro di Bologna e, come nel caso torinese, del suo territorio metropolitano.

La missione “maieutica” del Centro può leggersi in filigrana nella concatenazione delle dimensioni simboliche del “conoscere, comunicare, condividere” che puntano a costruire una coscienza identitaria più solidale di una comunità urbana non certo esente da criticità e crescenti spinte di frantumazione.

«Piccole capitali» e nuovi Urban Center

Sulla scena nazionale del fenomeno Urban Center una seconda chiave innovativa riguarda l’attivazione e la vitalità di nuove strutture accomunate in molti casi dal protagonismo delle città medie.

uc grosseto2Il ruolo delle “piccole capitali” in Italia, come le hanno definite CENSIS e RUR, non si limita a eccellere per modelli di benessere sociale e innovazione produttiva a livello tecnologico-manifatturiero, ma, a seguito degli effetti riverberanti della crisi e dei radicali cambiamenti di processi economici, composizione socio-demografica, condizioni energetico-ambientali, si propone come specchio di realtà territoriali e forme insediative complesse che costituiscono un rinnovato orizzonte per il connettivo fisico-spaziale, socio-economico ed ecologico-ambientale delle forme insediative contemporanee.

Le città medie, tanto singolarmente quanto, soprattutto, in ottica reticolare e policentrica, sembrano poter rivoluzionare le consolidate gerarchie insediative, crescendo di rango e rappresentando un intrigante contrappeso ai grandi centri, per capacità di produrre ricchezza, accumulare risorse, “reificare” nuovi valori identitari e simbolici, prefigurare stili di vita virtuosi e corrispondenti ai nuovi bisogni delle sfaccettate e contraddittorie comunità urbane contemporanee.

uc ferrara2Il ruolo d’innesco è spesso costituito dalla costruzione, in tutto o in parte, del principale strumento di governo delle trasformazioni urbane (ad esempio, con il nuovo PGT a Bergamo, il PSC a Parma, il RU a Grosseto) o dalla redazione di un Piano Strategico (come nel caso di Siracusa), anche se non sempre l’Urban Center rappresenta una emanazione della pubblica amministrazione comunale (Parma UC è una associazione culturale non profit in egida accademica e degli Ordini professionali disciplinari sul territorio).

La recente attivazione o rilancio di Urban Center nelle città medie si lega all’effetto propulsivo della progettualità di queste realtà urbane, concretamente declinato di volta in volta attraverso il felice connubio tra la rivisitazione delle radici culturali di luoghi e gruppi sociali da un lato e assi innovativi dall’altro, perseguendo un approccio integrato rispetto a temi quali la mobilità sostenibile, la rigenerazione dei tessuti in declino, il rilancio e la messa in rete della città storica, l’incentivazione del commercio naturale, le opportunità delle energie rinnovabili e soprattutto una vision strategica per “progetti di territorio” condivisi anche oltre i confini locali.

Il progetto di una rete per UC “polisemici”

L’idea di costituire una rete di Urban Center per favorire il confronto di missioni, stili e profili del management dei processi partecipativi è stata rilanciata attraverso l’impulso di alcuni soggetti particolarmente attivi a scala nazionale. Tra questi il citato UCM Torino con l’organizzazione dei seminari “Urban Center Network” nel giugno 2007 e “Urban Centers throughout the world” nel giugno 2008, nell’ambito del Congresso Mondiale degli Architetti.

Nel corso degli ultimi anni è stato costante il dialogo con le altre strutture già presenti sul territorio nazionale e sono progressivamente incrementati anche i rapporti con città di medie e piccole dimensioni interessate a capire le logiche fondative e i meccanismi di funzionamento di un Urban Center.

uc osservatorioLo studio delle dinamiche del fenomeno Urban Center in Italia e la cooperazione al progetto di attivazione di un network nazionale hanno subito una ulteriore accelerazione negli ultimi anni attraverso il contributo dell’Osservatorio di ricerca UC (www.urban-center.org), a cura di una equipe della “Sapienza” Università di Roma e patrocinato da Urbit srl, società di ricerca dell’INU.
In definitiva, si tratta di un quadro evolutivo che, nonostante il contesto contrassegnato da una crisi economica globale di non facile superamento, rivela una insperata vitalità e la tendenza a proporre forme di spiccata flessibilità e polisemia degli Urban Center sull’arena nazionale.

Alcune strutture si connotano come sofisticati “data base” delle vicende urbane, dai “Musei della città e del territorio” al “real time” delle trasformazioni in fieri, fino alla “vision” dei programmi e piani urbanistici a medio e lungo termine.

Altre scelgono di caratterizzarsi come una sorta di “Teatro della polis“, incubatori di iniziative di “auto-conoscenza” del territorio e di attivazione di idee, ricerche, laboratori partecipati, linee metaprogettuali, concorsi, luoghi di ascolto della città e di condivisione delle narrazioni degli attori dominanti e recessivi, spazi d’incontro delle diversità sociali, economiche, culturali e politiche.

Oppure, Urban Center come “think tank” di creatività, idee e risorse in simbiosi tra cittadini, business community e altri soggetti d’interesse diffuso, strutture finalizzate a rilanciare l’idea di vivibilità della comunità territoriale aquilana e al tempo stesso promuoverne la vitalità economica.

Più spesso di tratta di un sapiente mix di tutti quei profili, in definitiva un Urban Center concepito come “struttura a geometria variabile” per mission, attività, vettori d’interazione e “messa in rete” delle diverse componenti endogene ed esogene, specchio del modello di democrazia partecipativa che le comunità civiche e i loro decisori intendono delineare e plasmare per inseguire la domanda di città e territori in costante divenire.

Riferimenti e nota metodologica: il presente saggio è stato pubblicato in Properzi P. (a cura di), Rapporto dal Territorio 2010, INU  edizioni, Roma 2011